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L’olivicoltura salentina non è morta con la xylella: la produzione diventa biologica, l’energia pulita, l’azienda autosufficiente

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Le titolari dell’azienda Agro

di Gaetano Gorgoni

SURBO – C’è chi ha chiuso dopo la strage degli ulivi  dovuta alla xylella e chi è andato avanti caparbiamente avviando il percorso per la rinascita dell’olivicoltura salentina. Una nuova vita, improntata alle produzioni biologiche, alla sostenibilità e all’autosufficienza energetica. L’esempio pratico di questo “rinascimento dell’olivicoltura” ce lo dà l’azienda “Agro” di Surbo, guidata da due donne, Mariagiovanna Tarantini e Giovanna Russo, che sono state così abili da unire le migliori energie del territorio per avviare una produzione di olio di qualità e tutta una serie di progetti collaterali, frutto del cobranding (cooperazione tra aziende, tra eccellenze del territorio).

La vostra azienda, diretta da due donne molto determinate, sta lanciando un messaggio chiaro: l’olivicoltura salentina non è morta, nonostante la xylella. Ci spiega come ha fatto a restare in piedi e in che modo si può essere competitivi sul mercato vendendo olio?

“Siamo rimasti in piedi sicuramente perché crediamo nell’agricoltura. La nostra terra fa la differenza, dà una qualità unica al prodotto. Abbiamo pensato che, anche se sono morti tanti alberi, la terra continuerà a dare i suoi frutti e noi non la abbandoneremo, continueremo a coltivarla.  Ci abbiamo creduto, per questo abbiamo raggiunto buoni risultati. Si può essere competitivi sul mercato solo chiudendo la filiera e ottenendo un prodotto che passa dal produttore al consumatore, senza intermediari, puntando sulla qualità”.

Consigliereste di ripopolare il paesaggio caratteristico salentino con Favolosa e leccino, oppure è consigliabile cambiare produzioni, come proponeva qualcuno?

“Secondo noi, non si può proporre di cambiare coltura e di fare altro se prima non si conoscono tutti gli step della nuova coltura che si vuole mettere a dimora. Poi c’è l’aspetto più importante da valutare: non si può cambiare se non si conoscono i risvolti commerciali del prodotto che si vuole andare ad ottenere”.

La vostra azienda è un esempio di economia circolare e sostenibilità. Ci spiega come siete diventati autosufficienti energeticamente? Un oliva non produce solo olio, ma contiene anche acqua e il nocciolo: ci racconti cosa ne fate. 

Da un’oliva noi ricaviamo l’olio, che si trova nella polpa, che è il prodotto di elezione, poi il ‘nocciolino’, che è il nocciolo tritato, che noi utilizziamo come combustibile per riscaldare tutta l’azienda e per riscaldare l’acqua.  Inoltre, la parte di nocciolo avanzata viene venduta ai privati che la utilizzano nelle stufe a pellet per riscaldare le abitazioni. Ma non è finita qui: all’interno dell’oliva c’è anche l’acqua, che noi estraiamo e utilizziamo per irrigare i campi. Poi, all’interno dell’oliva c’è la buccia, che noi portiamo alla centrale di biogas qui vicino: l’impianto la utilizza come ‘alimento’ per i microrganismi che producono gas: un procedimento da cui si ricava energia elettrica pulita”.

Come funziona l’agrivoltaico? Dove vengono collocati i pannelli?

“La nostra  azienda ha puntato sull’agrifotovoltaico per evitare di occupare suolo utile alla coltivazione. I pannelli che producono energia sfruttando il calore solare vengono collocati in alto, sui tetti”.

Agro è un’azienda virtuosa anche per quanto riguarda il cobranding: siete riusciti a unire le forze nella produzione di prodotti tipici e di qualità, vero? Anche questo è un esempio per tutte le aziende salentine…

“Cerchiamo di collaborare con aziende virtuose e serie. Lo facciamo per fornire sempre nuovi servizi ai nostri clienti e per attrarne di nuovi. In questo modo, oltre all’olio, possiamo puntare su tutta una serie di servizi, inclusi quelli ricettivi, su una diversificazione dei prodotti genuini del territorio, rispettosi della biodiversità e della tradizione”.

Consiglierebbe ai giovani salentini di puntare sull’agricoltura sostenibile e di aprire aziende nel leccese, nonostante i problemi economici di questi tempi?

“Certo, sicuramente! Purtroppo i giovani non conoscono l’agricoltura e le grandi possibilità che offre. Questa è una mancanza del territorio, che ancora non è in grado di far capire ai giovani quali siano gli sbocchi lavorativi e le grandi opportunità che mette a disposizione questo settore quando si è preparati e al passo con le innovazioni tecnologiche“.