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I ragazzi scioperano per il clima, ma la crisi energetica ci fa riabbracciare le fonti fossili: la mappa di Legambiente

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Con l’inizio della scuola i ragazzi si riorganizzano anche in Italia per portare avanti la loro moral suasion nei confronti degli adulti e dei governanti: tornano gli scioperi per il clima. Ad affiancare le giovani generazioni nelle piazze italiane ci sarà anche Legambiente: i volontari dell’associazione scenderanno domani in oltre 12 piazze della Penisola per unirsi alla grande mobilitazione che coinvolge di tutto il mondo nella denuncia dell’insensata corsa del Paese verso le fonti fossili. Tra le piazze dove si manifesta ci sono da Ancona ad Avellino, da Bari a Roma, da Genova a Milano passando per Napoli, Ravenna e Padova, Verona, solo per citarne alcune. Per l’elenco di tutti i luoghi delle manifestazioni ecco il link: https://youth4planet.legambiente.it/evento/global-strike-23-settembre-2022/.

Purtroppo, come già è stato segnalato, la crisi energetica ci sta facendo fare troppi passi indietro. Legambiente segnala che in Italia sono 120 le infrastrutture a fonti inquinanti in valutazione presso il MITE. Gli ambientalisti chiedono di eliminare i sussidi alle fonti inquinati perché ultimamente si affastellano i progetti che puntano sul gas fossile. Le centrali che funzionano con le fonti fossili sono un rischio per la salute, un danno per il clima, ma anche per l’economia. Legambiente chiede di puntare sulle rinnovabili sfruttando le opportunità che offrono al 100%, visto che adesso siamo troppo indietro. “Emerge un quadro preoccupante su cui – secondo Legambiente – è fondamentale che la prossima legislatura compia al più presto un cambio di rotta. Servono interventi e politiche concrete per accelerare lo sviluppo delle rinnovabili e che permettano la realizzazione di almeno 85 GW di nuovi impianti a fonti rinnovabili entro il 2030 con cui raggiungere l’84% di elettricità rinnovabile nel mix elettrico, come da proposta dell’associazione confindustriale Elettricità Futura.

Fondamentale poi non realizzare nessuna altra nuova centrale a gas – continuano gli esperti di Legambiente – Infatti, quelle costruite negli ultimi due decenni hanno prodotto una situazione di sovracapacità. Sul medio periodo, per l’associazione ambientalista, sarà necessario intervenire in termini di sprechi visto che una certa quantità di gas metano viene dispersa lungo l’intera filiera delle infrastrutture a fonti fossili. Infine, va pianificata una strategia di medio – lungo periodo di uscita totale dal gas fossile, arrivando al 2040 all’obiettivo emissioni zero nette”.

LE DICHIARAZIONI DEL PRESIDENTE DI LEGAMBIENTE

La crisi climatica – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – sta accelerando il passo come dimostra anche l’aumento degli eventi meteorologici estremi in Italia, come le ondate di calore e le alluvioni dell’estate che si è appena conclusa. Per frenarla è indispensabile mettere in campo interventi concreti non più rimandabili, a partire da una legge che elimini i sussidi alle fonti fossili, e politiche climatiche più coraggiose, come sottolineano anche i tanti giovani che domani scenderanno in piazza per il clima. Richieste al momento rimaste inascoltate tra amnesie politiche e temi ambientali dimenticati in questa campagna elettorale, giunta ormai al rush finale. Purtroppo, il nostro Paese per bilanciare la carenza di gas, che prima arrivava in gran parte dalla Russia, sta scegliendo come soluzione l’utilizzo sempre maggiore delle fonti fossili da altri paesi grazie ai gasdotti e ai rigassificatori. Si tratta di un grave errore che si ripercuoterà anche sul clima. Le fonti su cui concentrare le risorse pubbliche e private devono essere il sole e il vento. Per questo – conclude Ciafani – è fondamentale puntare su semplificazioni, autorizzazioni veloci per gli investimenti su efficienza, accumuli, pompaggi, reti, impianti a fonti rinnovabili. Solo così si potrà far decollare la vera transizione ecologica che serve al Paese, che già oggi garantisce oltre milioni di occupati secondo i dati di Fondazione Symbola e Unioncamere, e che abbiamo sintetizzato nelle cento proposte presentate nei giorni scorsi, con un appello alla prossima legislatura che si può sottoscrivere online su www.legambiente.it”.

L’INVOLUZIONE DEL RITORNO AL FOSSILE

Per quanto riguarda il settore termoelettrico sono ben 43 i progetti su centrali a gas per circa 12 GW di nuova potenza a gas fossile: parliamo di 7 nuove centrali termoelettriche a gas metano (di cui 3 all’interno di stabilimenti industriali), 26 interventi di revamping o installazioni di nuove turbine, 2 riconversioni da olio combustibile, 7 riconversioni di centrali precedentemente alimentati a carbone, e 1 da biomasse di grandi dimensioni. Tra questi la Centrale termoelettrica di Monfalcone per la quale è prevista la riconversione a gas con una centrale da 770 MW anche grazie al sussidio economico del Capacity Market che A2A si è aggiudicata per il 2024. Grazie a questo sussidio sono, ad oggi, ben 20 progetti a fonti fossili che, secondo una stima di Legambiente, potranno godere di circa 146 milioni di euro di sussidi per la realizzazione di 2,6 GW di nuova potenza a gas fossile.

Inoltre, il Governo, accanto ai nuovi contratti di fornitura da Paesi come Egitto, Algeria, Congo, Qatar, Angola, Nigeria, Mozambico, Indonesia e Libia, ha imposto un’accelerata alla realizzazione di due rigassificatori, quello di Piombino e quello di Ravenna, che stanno godendo di procedure autorizzative semplificate. Ad oggi, secondo le ricerche condotte da Legambiente sono stati individuati almeno 15 progetti tra rigassificatori e depositi presentati al Mite per procedure VIA e AIA tra nuove infrastrutture e ammodernamenti di quelli esistenti. A questi si aggiungono due rigassificatori – Gioia Tauro e Porto Empedocle – e il deposito GNL di Brindisi approvati ma poi mai realizzati e ora tornati in auge.

Considerando anche questi ultimi, sono 16 le possibili nuove infrastrutture per la rigassificazione e lo stoccaggio di GNL, di cui 6 nuovi depositi e 10 rigassificatori che si aggiungono ai tre già in funzione, per una nuova capacità di stoccaggio di 800 mila metri cubi di gas e di rigassificazione di più di 31 miliardi di metri cubi di gas, raggiungendo, così, una capacità strutturale complessiva di quasi 47 miliardi di metri cubi l’anno. Invece, tenendo in considerazione solamente i progetti presentati presso il MITE, e dunque escludendo Gioia Tauro, Porto Empedocle e Brindisi, l’aumento della capacità di rigassificazione sarebbe di 12 miliardi di metri cubi di gas, raggiungendo quasi 28 miliardi di metri cubi totali annui di capacità nazionale di rigassificazione. Numeri che raccontano bene il rischio dipendenza per i prossimi 25 anni, considerando che proprio il rigassificatore di Ravenna dovrebbe sostare nelle acque marine proprio per tutto questo periodo.

Ad oggi, in programma la realizzazione di circa 2.300 km di nuove condotte, di cui 1.360 km in sostituzione di tubazioni in dismissione e circa 1.000 km in aggiunta alla rete già esistente. Anche in questo caso, le infrastrutture fanno riferimento a progetti che sono in attesa di VIA o che hanno ricevuto l’autorizzazione negli ultimi due anni e che dunque potrebbero essere già realizzate o in via di realizzazione. Si pensi all’iniziativa Sealine Tirrenica, un gasdotto sottomarino di 271 km che dovrebbe collegare la Sicilia alla Campania, o alla Linea Adriatica SNAM lunga 689 km dalla Puglia all’Emilia Romagna, tra rifacimenti e nuove condutture. In totale parliamo di 42 progetti presentati al MITE, di cui 15 per gasdotti da realizzare ex novo e 25 rifacimenti di condotte già esistenti tra sostituzioni e modifiche alla portata. Alla rete interna di gasdotti si aggiungano due possibili progetti per l’import-export di gas, ovvero l’East Med, lungo 2.000 km finalizzato all’importazione di 10 – 20 miliardi di metri cubi di gas l’anno da Israele, e il Melita Trans-gas, con il quale, invece, esporteremmo gas verso Malta.

Ma non finisce qui: sono 39 le istanze per ottenere permessi di ricerca e coltivazione di idrocarburi per ulteriori 76.694 kmq di territorio italiano dedicati alla produzione di fonti fossili, ovvero una superficie simile all’estensione dell’Austria, in aggiunta agli attuali 33.618 kmq. In parallelo, ulteriori 18 richieste sono in attesa della VIA e dell’AIA da parte del Mite per autorizzare perforazioni di nuovi giacimenti, o la realizzazione di nuove infrastrutture per avviare la produzione.

“Qualora questi progetti dovessero essere autorizzati e realizzati – spiega Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente – l’Italia abbandonerebbe non solo qualsiasi speranza di poter affrontare in maniera efficace la crisi climatica, non riuscendo in alcun modo a soddisfare gli obiettivi di contenimento delle temperature e di decarbonizzazione definiti dalla comunità internazionale, ma non sarebbe neanche in grado di offrire opportunità concrete di riduzione dei costi in bolletta a imprese e famiglie, rimanendo per i prossimi 25 anni, totalmente dipendente dalle forniture di gas fossile da altri Paesi, spesso al centro situazioni geopolitiche e sociali instabili”.