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Il granchio blu crea problemi dal Veneto al Salento, ma è buonissimo e gli chef lo inseriscono nei loro menu

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Granchio blu trovato nella Marina di Melendugno, a Roca (foto V.M.)

Fino a due anni fa era raro vederli, ma il cambiamento climatico ha fatto proliferare anche in Italia diverse specie aliene, tra cui il temutissimo granchio blu. Negli anni ‘40 questa specie aliena cominciò a farsi vedere anche sulle coste italiane, dove era giunta attraverso le navi. Negli ultimi 10 anni, però, il numero di granchi blu è salito vorticosamente. Si tratta di un crostaceo proveniente dall’Atlantico, il più invasivo nel Mediterraneo: può vivere fino a quattro anni ed è onnivoro: si ciba di bivalvi (cozze, vongole, ostriche), gasteropodi, crostacei, anellidi, insetti, pesci e anche di alghe. Gli avvistamenti sono tanti, da nord a sud: in Veneto è emergenza, nel Salento viene monitorato. Ora si pensa di inserire il granchio blu nella tradizione gastronomica italiana come efficace arma per contrastarne la proliferazione.

Un grande brand che possiede diverse catene di pescherie in Italia ha inserito questo crostaceo tra i suoi prodotti garantendone la prelibatezza. Il granchio blu, nella fauna mediterranea, si è nutrito di cibi che lo hanno reso più saporito e dolce. In Toscana questo crostaceo è finito sui banconi del pesce (costa non più di 10 euro al chilo) e alcuni chef hanno inventato piatti succulenti a base di granchio blu. Tino Vettorello, Maria Grazia Soncini, Chiara Pavan e Francesco Brutto sono alcuni nomi di chef famosi che hanno creato grandi piatti con queste specie aliene. Il problema del granchio blu si risolve a tavola.